Coinbase rischia la bancarotta? Il gossip ha iniziato a circolare negli ultimi giorni, in seguito al bilancio rilasciato dalla società che mostra perdite importanti, e per via di alcune frasi contenute nei documenti. Per quanto la paura sia comprensibile, e specialmente in un settore rischioso e volatile come le cryptomonete, il fallimento di un exchange è un fattore relativamente raro. Specialmente nel caso di una società quotata in borsa, come Coinbase (un unicum nel mondo degli exchange centralizzati). Ciononostante, è bene prestare grande attenzione a dove si lasciano i propri token.
Coinbase rischia la bancarotta? Il bilancio
Coinbase è una delle più conosciute società nel mondo crypto. Fondata nel 2012, si tratta di un exchange centralizzato, ovvero un sito che permette la compravendita di token tramite la propria piattaforma. Coinbase è anche una delle pochissime società crypto ad essersi quotata in borsa, sul Nasdaq.
Coinbase ha avuto un inizio difficile, scivolando dai $300 di prezzo iniziale a circa $60. Un crollo decisamente peggiore della media del Nasdaq, anche se facilmente motivabile dalla cattiva performance delle cryptomonete negli ultimi sei mesi. Nell’ultima trimestrale rilasciata il 10 maggio 2022, però, ha mostrato una perdita molto rilevante: $1.98 per azione, laddove la previsione si aggirava sui 35 centesimi di profitto (come mostrato dal sito di Nasdaq). Evidentemente una performance molto peggiore del previsto. Perché?
I ricavi di Coinbase crollano
La ragione fondamentale risiede nel crollo dei ricavi.
Nel primo trimestre del 2022, i ricavi sono calati del 35%. Parallelamente, i costi sono più che raddoppiati -in ragione di maggiori spese amministrative e generali, per lo sviluppo della tecnologia e per il marketing.
Coinbase guadagna una percentuale su qualunque transazione effettuata dal suo sito. Commissioni piuttosto elevate, peraltro: anche cinque volte superiori ad alternative più economiche come Binance.
È evidente che il mercato nel primo trimestre del 2022 è stato piuttosto statico rispetto al 2021, come mostrato in questo grafico.
La cosa preoccupante è però che i ricavi siano diminuiti a fronte di grandi aumenti nei costi. Aumenti che, si può aggiungere, non hanno portato a grandi vantaggi. Si pensi ad esempio alla spesa affrontata per il loro marketplace degli NFT, che è stato deriso e attaccato da chiunque.
Il debito di Coinbase
Dal punto di vista del debito, la situazione è relativamente sotto controllo. Sono state assunte alcune obbligazioni, ma il totale non è aumentato rispetto all’anno scorso. Questi i nuovi debiti contratti.
A differenza di alcune altre opinioni che ho letto online, non credo personalmente che il debito sia eccessivo o troppo rischioso. I tassi ottenuti sono relativamente ridotti, specialmente dato che si tratta di una compagnia piuttosto rischiosa.
Flussi di cassa di Coinbase
Forse l’aspetto più preoccupante di Coinbase, a cui poi ci agganceremo, è lo stato dei flussi di cassa, ora fortemente negativi.
Rispetto all’anno scorso, si è passati da un flusso di cassa netto positivo di 3 miliardi e mezzo a uno negativo di 800 milioni. La ragione fondamentale è che la quantità di fondi detenuta per conto dei clienti è precipitata -o meglio, è scesa leggermente laddove l’anno scorso si era impennata.
Leggendo in giro per il bilancio, sembra che questo importo rappresenti unicamente le valute fiat che sono sul sito. Il totale rimane elevato (10 miliardi a bilancio), ma la diminuzione è evidente nonostante il forte aumento del totale degli utenti, quasi raddoppiato su base annuale.
Coinbase rischia la bancarotta? Fondi degli utenti e Twitter
In seguito al rilascio del bilancio, la voce che Coinbase rischia la bancarotta si è sparsa rapidamente su internet. Questo per via di una voce specifica inclusa per la prima volta, che recita come segue.
Moreover, because custodially held crypto assets may be considered to be the property of a bankruptcy estate, in the event of a bankruptcy, the crypto assets we hold in custody on behalf of our customers could be subject to bankruptcy proceedings and such customers could be treated as our general unsecured creditors. This may result in customers finding our custodial services more risky and less attractive and any failure to increase our customer base, discontinuation or reduction in use of our platform and products by existing customers as a result could adversely impact our business, operating results, and financial condition.
Fonte: trimestrale di Coinbase, pagina 83
In soldoni, viene dichiarato che i fondi detenuti su Coinbase potrebbero teoricamente essere requisiti in caso di bancarotta, e gli utenti rientrerebbero nella categoria di creditori senza assicurazione. Traduco: se Coinbase fallisce, i fondi su Coinbase sono sequestrati e non si sa a chi vanno.
Il CEO Brian Armstrong ha provato ad affrontare questi rumori che Coinbase rischia la bancarotta su Twitter, dichiarando che trattasi semplicemente di una clausola legale.
Il problema, però, rimane.
Il fallimento di un exchange è un evento relativamente raro. Il caso Bitgrail è forse tra i più conosciuti. Il problema: se una società americana fallisce, come può tutelarsi un utente italiano? Non è una domanda retorica, non sono a conoscenza della situazione legale.
256 miliardi di ragioni
Questo grafico mostra, senza troppe cerimonie, la situazione attuale.
Ci sono 256 miliardi di dollari (!) di fondi degli utenti detenuti su Coinbase. Generalmente tradurrei questo valore in lire per maggiore effetto, ma non sono capace.
256 miliardi di dollari.
Questi sono fondi “abbandonati” sul proprio conto dagli utenti, o messi in staking tramite Coinbase. Che ha ottime ragioni per volerlo fare:
Ovvero: intascano il 25% della commissione realizzata sullo staking. Provate a pensare a quale importo questo possa rappresentare sullo staking di Ethereum soltanto. Coinbase ha tutte le ragioni, evidentemente, perché le persone detengano i loro fondi su Coinbase.
Coinbase rischia la bancarotta? Probabilmente no, ma…
Coinbase rischia la bancarotta? Non credo.
È una società troppo conosciuta per sparire da un giorno all’altro, ed essendo quotata in borsa sono molto più controllati rispetto a qualunque altro exchange.
Ad ogni modo, il fatto che 256 miliardi di dollari siano detenuti su questa piattaforma mi sembra un valore incredibile. Come qualunque altra piattaforma centralizzata, il rischio di fallimento, hack, furto esiste.
È quindi a mio parere fondamentale evitarlo. Almeno, per chiunque abbia su Coinbase (o qualunque altro exchange centralizzato) un importo superiore a poche decine di euro di controvalore. La soluzione migliore è sempre la stessa: adottare un wallet non-custodial. Che sia online oppure un hardware wallet. E la soluzione hardware wallet / cold wallet diventa quasi necessaria quando l’importo diventa elevato.
Insomma: non è probabile che un gigante del mondo crypto sparisca da un giorno all’altro, ma è sempre meglio prevenire che curare. Ricordandosi sempre che le cryptomonete nascono per decentralizzare: detenerle su una piattaforma centralizzata è, oltre che più rischioso, concettualmente strano.