Cos’è Bitcoin Taproot? Se ne parla, eccome se se ne parla. Ma si fa molta fatica a trovare materiale che sia non superficiale, ma nemmeno eccessivamente tecnico. Questo articolo parlerà di cos’è Bitcoin Taproot, e dei suoi problemi -in particolare, di come vada verso la semplificazione, quando sia già necessario iniziare a preoccuparsi di proteggersi dal quantum computing.
Cos’è Bitcoin Taproot? Una spiegazione (rapida)
Bitcoin Taproot non è altro che una soft fork di Bitcoin. A differenza del Lightning Network, che ha un impatto rilevante sull’esperienza d’uso da parte dell’utente, è fondamentalmente roba da programmatori. Le due modifiche principali:
- Viene sostituita l’ECDSA (la crittografia basata sull’ellisse) con la firma Schnorr, che è più leggera (e quindi riduce la pesantezza delle transazioni, e quindi il loro costo) ma ha un livello di sicurezza non inferiore
- Modifica la logica con cui eventuali conflitti vengono gestiti dal protocollo
Questo secondo punto è quello cruciale, e ne ho trovata una spiegazione molto completa (piuttosto complessa e in inglese) in questo articolo.
In sostanza, i contratti (transazioni) possono incorrere in una situazione in cui le due parti non sono d’accordo. In questo caso, c’è uno script che si attiva per risolvere la situazione. Questa evenienza è estremamente rara, e includere lo script per la risoluzione del conflitto in ogni transazioni è pesante.
In Bitcoin Taproot, la grossa differenza è che questo script è nascosto e viene attivato al momento dell’eventuale conflitto, avendo -di fatto- potere assoluto sulla transazione.
Cos’è Bitcoin Taproot? Il quantum computing è a un passo
Quanto detto sopra non sarebbe ad oggi un problema. Di fatto, pur con questa debolezza teorica, i computer attuali non sono in grado di rompere Bitcoin.
Per rompere Bitcoin, infatti, ad oggi conosciamo un solo modo: risalire alla chiave privata a partire da quella pubblica. E questa operazione richiede un numero di tentativi troppo elevati per essere raggiungibile tramite brute force, ovvero effettuando tutti i tentativi possibili (nel caso di Bitcoin parliamo di 2^128 tentativi).
Di fatto, ad oggi, non vale la pena cercare di rompere Bitcoin. (Ovviamente, un sistema crittografico è inviolabile finchè non lo è più: è sempre possibile che venga scoperto un algoritmo migliore per attaccarlo, ma ad oggi siamo ragionevolmente sicuri che ciò non accadrà a breve).
Il gatto di Schroedinger è vivo, morto, oppure sia vivo che morto
Il quantum computing, però, lavora in modo differente. Anzichè dover tentare uno alla volta tutte le possibili soluzioni, riesce ad escludere in breve tutta una serie di risposte sbagliate.
Questo è reso possibile perchè i computer quantici, a differenza della tecnologia che abbiamo ora, non sono limitati a 0 o 1. Sono in grado di concepire (per mancanza di una parola migliore) anche uno stadio che sia 0 E 1, allo stesso momento. E questi tre possibili stadi aumentano esponenzialmente la loro rapidità di calcolo.
Infatti trovare una soluzione -qualsiasi soluzione- per un computer è sempre provare tutta una serie di risposte in modo casuale. Si può scoprire un algoritmo migliore che riduca i tentativi, ma è sempre un processo fondamentalmente randomico. I computer quantici riescono invece a calcolare in modo semplicemente diverso. Anzichè metterci decenni, sono sufficienti ore. Forse minuti.
Il quantum computing romperà solo Bitcoin? (No.)
Ciò ci porta a una grande e grave realizzazione: siamo di fronte a una tecnologia che ha il potenziale di porre fine alla tecnologia come la conosciamo.
Per quanto riguarda Bitcoin: appena dovesse essere rotto, ci sarà il panico. Il valore raggiungerà lo zero nel giro di secondi, e sarà la sua fine. E molto probabilmente anche la fine delle cryptomonete come le conosciamo.
Ma il problema è ovviamente molto più ampio. Pensate a tutte le informazioni che sono in qualche modo immagazinate e codificate. Numeri di carta di credito. Password. Dati sensibili.
Il quantum computing è un po’ come l’invenzione dei cannoni al tempo dei castelli. Mentre prima era pressochè impossibile attaccarli con arco e frecce, ora il discorso è molto differente.
Cos’è Bitcoin Taproot: cosa fare?
Abbiamo visto cos’è Bitcoin Taproot, e come ambisce a semplificare (e quindi rendere più convenienti, oltre che eleganti) le transazioni. Questi cambi tecnologici sono importanti e utili, ma di fronte all’incedere della tecnologia, semplificare la crittografia non può essere la risposta. Cosa fare quindi? La risposta, a mio parere, è duplice: sviluppatori e utenti.
Gli sviluppatori devono mettersi a caccia di modi nuovi per crittografare -e, come abbiamo visto, non solo nel mondo delle cryptomonete, ma ovunque. Più a breve termine, dovranno capire se Taproot è una buona idea, ed eventualmente se vogliono usarlo. Esistono di fatto molte versioni di Bitcoin, e uno sviluppo non è necessariamente adottato. Dovranno probabilmente trovare un modo per proteggere i Bitcoin dormienti in vecchi portafogli.
Noi utenti, invece: non preoccupiamocene.
Nei prossimi 10 anni, è infinitamente più probabile che subiamo furti, fishing, che comunichiamo senza volerlo la nostra seed phrase. Che l’exchange centralizzato su cui lasciamo per pigrizia i nostri token fallisca.
Se gli attaccanti riusciranno a rompere BTC, le nostre contromisure probabilmente saranno inutili perchè il valore crollerà a zero. Forse l’unica cosa che possiamo fare è, se abbiamo grosse quantità di token, inviarli a un wallet nuovo (da cui non abbiamo mai inviato transazioni).
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