La legge di bilancio del 2023 potrebbe contenere nuove tasse per le cryptomonete. Questa voce ha iniziato a fare il giro di internet in questi giorni, ovviamente per ragioni che questo blog non può che vedere come negative.
Va tenuto a mente che si tratta per ora di semplici ipotesi, dato che la bozza della legge di bilancio 2023 non è ancora arrivada in Consiglio dei Ministri. È quindi più che possibile che ci siano ancora delle modifiche. Cercherò di mantenere aggiornato questo articolo con le decisioni e novità che seguiranno.
Legge di Bilancio 2023: cos’è?
La legge di bilancio è una raccolta di modifiche che viene storicamente varata ogni anno. Lo scopo è fondamentalmente spendere meglio le risorse dello stato, dirottandole dove ce n’è più bisogno. Questo avviene anche in base alle idee economiche di un governo; ed è per questo forse sorprendente che un governo di destra, dichiaratamente liberista, decida di far scendere la scure sugli investimenti.
Legge di Bilancio 2023: tasse per le plusvalenze sulle cryptomonete?
Una delle misure su cui si starebbe ragionando è una maggiore tassazione delle cryptomonete (cripto-attività, come le trovo definite ad esempio su Ansa). Se questa particolare misura verrà introdotta, ci troveremo quindi probabilmente a una modifica delle leggi correnti che, come riporta Cointelegraph, dicono che una plusvalenza (ovvero differenza positiva tra prezzo di acquista e di vendita) di cryptomonete è sottoposta a tassazione solo se si superano i 51.645,69€ di capitale.
(Rimando all’articolo per i dettagli, sottolineando come sia sempre meglio parlare con un commercialista per evitare problemi: internet non è proprio il posto migliore per consigli di questo genere).
La cosa più probabile, a mio parere, è che si decida di fare invece figurare le cryptomonete non più come valute, ma come attività finanziarie. In questo caso, la tassazione al 26% sulle plusvalenze avverrebbe a prescindere dall’importo detenuto; anche, insomma, per pochi euro. Mi sembra improbabile che si puniscano le cryptomonete più delle altre attività finanziarie, e altrettanto strano che si opti per un’aliquota differente dal 26% o per una soglia inferiore a quei 51.000 euro e rotti.
Nuove tasse per le cryptomonete: perché?
La tassazione maggiore ventilata per le cryptomonete è sicuramente una manovra sorprendente, dato che arriva da un governo appena insediato e che sembra voler stravolgere l’inquadramento legale di questo strumento. Va detto che in molti Paesi anche europei le cryptomonete sono considerate come attività finanziarie, e anzi l’interpretazione italiana è quella strana.
Sicuramente si tratta di un brutto segno per le poche imprese a tema crypto che magari pensavano di investire in Italia. Più che altro per quello che questa decisione rappresenta.
L’aumento ipotetico delle tasse, infatti, avviene unicamente per poter pagare altre misure (energia, flat tax estesa eccetera) che il governo considera prioritarie. Si inserisce infatti in un contesto più ampio che aumenta le tasse per il gioco d’azzardo e la cannabis legale.
Vedere le cryptomonete come se fossero slot o sigarette è, oltre che triste, pericoloso per la stabilità di questo ecosistema nel nostro Paese. Perché mai una società lotterebbe contro la burocrazia per stare in Italia, se sa che possono esserci decisioni improvvise contro questa categoria? Quale grande investitore manterrebbe qui la sua residenza, a rischio di dover pagare un domani i miliardi?
Forse fa sorridere che, quest’anno particolarmente, ci saranno ben poche plusvalenze. Tra il tracollo dei mercati, e le storiacce brutte di Luna e dell’exchange FTX (per nominarne giusto un paio), non credo che in molti dovranno dichiarare granché. Mi viene anzi da chiedermi se questo potrebbe trasformarsi in un boomerang, permettendo di scalare le minusvalenze dalle tasse. Chapeu!