Nel 2018, dopo una corsa impressionante durata parecchi mesi che hanno fatto impennare il valore di tutte le cryptomonete e le hanno rese -specialmente Bitcoin- conosciute al largo pubblico, la bolla è esplosa e il mercato è precipitato, cadendo per mesi e mesi, senza riuscire a incontrare una base solida. Oltre a ricordare al mondo la rischiosità dell’investimento in token, questo ha risollevato una domanda fondamentalmente mai risolta: quanto vale Bitcoin? E in senso più ampio: come si fa a dare un valore a Bitcoin?
Tutti i calcoli tendono a basarsi sulle analisi tecniche, che sono un mix tra analisi storica e stregoneria: a tirare linee da ogni parte, come è noto in statistica, sicuramente qualcosa che sembra scientifico salterà fuori. Però, come attribuire il valore a una cryptomoneta? Esiste un multiplo, una formula di qualche tipo che permetta di ricondurre un progetto a un numero? Questo articolo analizza questa domanda.
Cosa sono le cryptomonete?
Le cryptomonete sono un asset finanziario. Fin qui non ci piove. La cosa che non è chiara è a cosa assomiglino di più. Hanno sicuramente molto dei titoli azionari, dato il loro livello di rischio elevato e il modo in cui vengono distribuite sul mercato (ICO, coniato sulla base di IPO). Se guardiamo all’uso che ne fanno le imprese, sembrano un bond gratuito, utilizzato per raccogliere capitale senza cedere controllo sulle operazioni aziendali. Al tempo stesso, nella maggior parte dei casi, sono per il risparmiatore simili a una valuta in quanto non danno diritto a nessun tipo di coupon o dividendo, ma solo alla promessa di un valore futuro incrementato. (C’è da dire che diverse cryptomonete offrono una redditività: XLM per esempio dà diritto a una piccola percentuale di “inflazione” annua, NEO offre GAS e via discorrendo).
Perchè stimare il valore di un bitcoin è allora così difficile? È vero che i mercati azionario e obbligazionario sono volatili, ma niente in confronto alle cryptomonete. Come si fa a dare un valore a un’azione o a un’obbligazione?
Come calcolare il prezzo di un asset finanziario?
La risposta è soprendentemente molto simile. Il valore di un’azione o di un bond è uguale alla somma attualizzata dei flussi di cassa futuri.
Ipotizziamo ad esempio di volere determinare il valore corrente di un bond. Questo bond durerà per altri due anni, offrendo una cedula annuale di 5 euro (5+5), e alla fine del secondo anno il capitale inizialmente investito (100). Chi lo possiede, riceverà dunque 5 tra un anno e 105 tra due anni. Quanto vale oggi il bond?
La risposta ovvia è 110: 100+5+5. In realtà, in economia esiste il concetto di tasso interno di rendimento (TIR). Senza scendere in tecnicismi esageratamente complessi: nessuno vuole investire a un tasso inferiore all’inflazione, che ipotizziamo essere il 2%. Dunque il valore attuale del bond è:
EV = 5/(1+2%)+105/(1+2%)2 = 105,8
I flussi che riceverò infatti tra un anno valgono il 2% in meno di quello che ricevo oggi, e quello che riceverò tra due anni valgono ancora di meno. Un bond con queste caratteristiche avrà un prezzo di 105,8 se l’azienda/stato che lo emette è solido; in caso contrario, il prezzo scenderà progressivamente per compensare il rischio che l’investitore si sta accollando. Questo concetto di rischio è molto importante, e avrà un impatto fondamentale nel caso delle cryptomonete.
Passiamo ora a dare un valore alle valute
Le cose si fanno più difficili. Inizialmente, gli stati potevano emettere moneta unicamente in base alle riserve di oro che avevano (il cosiddetto Gold Standard). Oggi non è più così: uno stato è libero di emettere quanta moneta voglia. Il valore di una moneta è legato alla potenza del paese/unione monetaria che la emette. Il problema è che dipende anche dalle altre monete esistenti: io posso dire che un euro vale 1,10 dollari, ma è per me molto difficile parlare del valore dell’euro isolatamente.
Sì, il concetto di inflazione mi aiuta, ma non mi illumina. Di base, se l’economia di un Paese si indebolisce, la sua moneta perde valore; il risultato sarà tendenzialmente visibile quando paragonata con una valuta stabile come il dollaro o l’euro. Però perché un euro vale 1.1 dollari e non 2 o 5 o 10? La risposta è la solita: domanda e offerta. Il mercato ritiene, in seguito a molte valutazioni con basi storiche e finanziarie molto complesse, che questo sia il valore relativo corretto delle due valute. Questo valore è il risultato di decenni di scambi, di miliardi di transazioni, e di conseguenza è un valore che -pur variabile in base ai cambiamenti economici e politici- ha una sua stabilità, una sua logica.
Il valore di Bitcoin, ovvero quando è una bolla
Proviamo a dare ora un valore a Bitcoin. Proviamo a farlo come si farebbe con un titolo e poi con una valuta.
Se consideriamo il titolo, Bitcoin è molto semplice da gestire: l’unico flusso di cassa che io ho è il valore atteso di rivendita, dal momento che non ci sono dividendi di alcun tipo. Se io fossi sicuro al 100% che tra un anno Bitcoin varrà 10.200 euro, sarò felice di comprarlo oggi a 10.000, esattamente come il bond dell’esempio.
Consideriamo un altro esempio. Successivamente a un’analisi complicatissima, io concludo che tra un anno Bitcoin avrà al 20% un valore di 100.000 euro, mentre all’80% varrà zero. Il valore atteso tra un anno sarà di conseguenza 20.000. Io però non mi accontento di un rendimento del 2%, dato che 4 volte su 5 perderò tutto il mio investimento: calcolo quindi (per esempio) che il prezzo a cui sono disposto a comprare oggi è 10.000, in modo tale da avere un rendimento atteso del 100%. (Ci sono anche qui molti modi in cui in finanza si collegano rischio e redditività desiderata, ma per il momento lasciamo stare).
Come giungere al valore atteso di un token?
Fondamentalmente, una cryptomoneta ha un valore che dipende dal successo atteso della sua tecnologia. Faccio un esempio utilizzando due token, crypto.com (indicato del grafico di CryptoCurrencyChart come Monaco, il vecchio nome) e TenX.
Entrambi i token hanno uno scopo molto preciso: introdurre una carta di debito che permetta di conservare e spendere cryptomonete. Sono due token concorrenti: il successo dell’uno va a discapito dell’altro. Nella primavera del 2019, crypto.com ha mostrato un’evoluzione più promettente secondo il mercato, e il suo valore è salito (pur con una variabilità molto importante); allo stesso modo, TenX ha sofferto, dato che le sue possibilità di successo si sono assottigliate, e ha avuto una tendenza palesemente negativa.
Consideriamo ancora una volta Bitcoin. L’applicazione di Bitcoin è la stessa del dollaro e di tutte le altre valute: nel caso il Bitcoin avesse successo totale, la sua capitalizzazione di mercato sarebbe prossima alla somma di tutte le valute esistenti, dando a Bitcoin un valore di qualche miliardo di miliardi. Se Bitcoin fallisse, il suo valore sarebbe zero. Il valore atteso di Bitcoin è dunque compreso tra zero e qualche miliardo di miliardi. E se invece di Bitcoin fosse Ripple, oppure Monero, a rimpiazzare le valute nazionali? Centinaia di banche ed enti di ogni tipo si scervellano ogni giorno per avere un’idea più precisa di quanto questa cifra possa essere (ad oggi con poco successo).
Perchè quindi è così difficile dare un valore a una cryptomoneta? Perchè una cryptomoneta è una scommessa, e in questo è molto simile a un titolo azionario. Immaginatevi di aver conosciuto Jeff Bezos nel 1994, quando avviava Amazon dal suo garage, e di avergli comprato il 20% di Amazon per 20.000 dollari. Oggi quell’investimento varrebbe miliardi e miliardi. Allo stesso tempo, chi oggi riuscisse a indovinare la cryptomoneta del futuro, tra 20+ anni si potrebbe trovare con una piccola fortuna in mano, ma molto più probabilmente il suo investimento non varrà niente.
FOMO, panico e soldi stupidi
Abbiamo provato a capire perché è così difficile dare un valore ragionevole a una cryptomoneta. C’è un altro problema: i “soldi stupidi”, un fenomeno che si presenta più raramente in borsa. Investire in cryptomoneta è molto semplice, dato che chiunque può farlo da casa sua, con qualunque importo e pagando commissioni quasi nulle, come ho spiegato in questo articolo. Così non è per investire in borsa, o in commodities, o in titoli obbligazionari. Bisogna avere a disposizione un bel gruzzolo e accettare che l’intermediario trattenga una buona percentuale. Personalmente sono assolutamente a favore della democratizzazione del risparmio, ma questo crea volatilità nel prezzo.
Alla fine del 2017, tutti i telegiornali hanno iniziato a parlare di Bitcoin, di come non facesse altro che salire, di quel ragazzo che si è ritrovato un vecchio hard disk con 5 milioni di dollari in Bitcoin sopra. Si è creata curiosità; data la possibilità di investire così facilmente, in molti hanno provato a buttarci qualche decina o centinaio di euro. Il valore ha iniziato a salire. I nuovi investitori hanno letto in questo aumento di valore una conferma alla loro intuizione, e questo ha attirato nuovi investimenti (in alcuni casi, addirittura, utilizzando denaro preso a prestito).
Adesso è facile dirlo: era una bolla gigantesca, creata dai media e alimentata dalla cosiddettà FOMO, Fear of Missing Out, la paura di rimanere fuori, di perdere il treno. Per dirlo in termini meno scientifici, la scimmia sulla spalla che ti diceva di provarci, perché è come quella volta che avevi sentito “Apple” nel ‘92 e non avevi comprato, e oggi saresti il proprietario del Costa Rica. Aggiungiamoci delle probabili operazioni losche da parte delle balene, come si definiscono coloro che possiedono enorme quantità di token. Aggiungiamoci anche i gruppi su Facebook che si specializzavano in pump&dump, ovvero nel far crescere artificialmente il valore di un token comprandolo per poi tentare di liberarsi di tutto a un profitto. (Esistevano). Insomma, la tempesta perfetta, ecco i prezzi di Bitcoin in quel periodo nel grafico di CoinMarketCap.
Il crollo del 2017
E poi il panico. La bolla che scoppia. Il mercato che crolla a un quinto di quello che era. Tutte le persone che erano entrate senza realmente credere -o nemmeno sapere- che cos’era quello che avevano comprato, vista la mala parata, hanno venduto, quasi sempre in perdita. Chi credeva nel progetto ha stretto i denti ed è rimasto, pensando che prima o poi ci sarà una rinascita, se il progetto vale la pena.
Una bolla del genere, al di là dell’ovvio dolore per tutti gli investitori, insegna secondo me qualcosa di molto importante. In questo momento, è impossibile affermare che un Bitcoin valga 1.000, 10.000 o 100.000 dollari, o un milione. Nessuno di noi sa se sia sopravvalutato o sottovalutato. Le analisi storiche e tecniche non hanno gran significato per qualcosa che ancora non si sa bene che cos’è o che impatto avrà.
Conclusione
E’ fondamentale investire in qualcosa perché lo si ritiene sottovalutato, non perché tutti gli altri lo fanno. Se il telegiornale parla di quanto il valore dell’oro sia aumentato, è troppo tardi per entrare. Se dice che la borsa è ai massimi storici, i soldi facili sono già stati fatti. Quando invece un risparmiatore individua un segnale che la maggior parte del mercato trascura, lì è possibile che ci sia del guadagno. Mi viene in mente quell’agenzia che aveva scommesso sulla caduta delle MBS, Mortage-Backed Security, i titoli spazzatura di cui l’economia americana era sommersa nel 2007. Nessuno li aveva notati, loro sì. Ecco, per quanto sia difficile investire correttamente in seguito a un’illuminazione del genere, si può star sicuri che investire correttamente in seguito a un servizio del TG è assolutamente impossibile.
La crisi del 2018 insegna quello che è un meme su tutti i forum e gruppi dedicati a cryptomonete: HODL, nato dalla distorsione di HOLD, “tieni”. (E’ una storia divertente il perché si dica così). Uscendo dal meme, è fondamentale non farsi influenzare da quello che succede attorno, dalle notizie, dai crolli e dai picchi. Se il progetto si ritiene interessante si rimane, altrimenti si lascia stare, a prescindere dai servizi del TG (e dai blog trovati su internet).
Disclaimer: il contenuto dell’articolo è un’opinione, e ha unicamente fini informativi. Non intende fornire consulenzia finanziaria di alcun tipo. Consulta un professionista certificato per ottenere consulenza finanziaria.
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