Bitcoin tende alla centralizzazione? Una delle sue prerogative, incise nello storico whitepaper scritto da Satoshi, è precisamente il non essere controllato. Ma nel futuro di Bitcoin si prospetta un consolidamento? La risposta a questa domanda è puramente speculativa: questo articolo altro non è che un esercizio ipotetico.
Perché Bitcoin deve essere decentralizzato?
Chiunque si avvicini al mondo delle cryptomonete dovrebbe leggere per prima cosa il whitepaper di Bitcoin. In nove pagine condensa il problema cui Bitcoin prova a rispondere, e rimane ad oggi un elemento fondamentale dell’universo crypto.
Nel whitepaper di Bitcoin, Satoshi dice fondamentalmente che Bitcoin nasce come risposta al sistema finanziario.
Il sistema finanziario, dominato dalle valute nazionali e in particolare dal dollaro, vede al suo interno molti player istituzionali. Banche, spesso too big to fail, troppo grandi per fallire. Come visto nel 2007: aiutate dai governi nazionali perché fondamentali per il funzionamento del sistema (con poche eccezioni).
Bitcoin tenta, con la Proof of Work e il mining, di poter decentralizzare la verifica delle operazioni. Questo ha un valore profondo. Il miner è una persona a caso, che non ha alcun interesse o capacità di mentire. Idealmente, atomicamente, è l’unità minima -un laptop, che conferma un blocco ogni morte di papa e garantisce che il sistema funzioni.
Infatti, il miner ha come unico obbiettivo razionale il funzionamento di Bitcoin. Se il miner si comporta male, se tenta di approvare una sua stessa transazione fittizia -immediatamente gli altri miner lo bloccheranno.
Bitcoin tende alla centralizzazione? Mining pool
La possibilità di Bitcoin di essere minato su un laptop risale alla preistoria crypto. Lo stesso Satoshi ha minato quelli che oggi sono MILIARDI di dollari in Bitcoin.
Va però capito che la complessità di Bitcoin si adatta, ogni circa due settimane, diventando più complessa quanta più potenza computazionale (hash rate) viene aggiunta al sistema. Questo deriva dal desiderio di voler conservare un tempo di approvazione dei blocchi stabile.
Quindi, se ci sono più miner o computer più potenti, la competizione aumenta e di fatto diventa impossibile per un normale laptop confermare una transazione. Le possibilità di essere scelti diventano prossime allo zero.
Per questo, in teoria, Bitcoin tende alla centralizzazione. L’unico modo per essere selezionati e quindi potere minare Bitcoin, in un mondo competitivo (come quello corrente), è possedere mining rigs enormi oppure riunirsi in un pool. Un pool è concettualmente simile a un validatore nella Delegated Proof of Stake: raccoglie l’hash power di chiunque voglia, si prende una piccola percentuale, e permette quindi anche a chi ha poco hash power di partecipare.
Già oggi, i tre più grandi mining pool di Bitcoin raccolgono quasi la metà del totale dell’hash power.
Il mining pool rimuove una piccola percentuale dal mio valore atteso, ma elimina una quantità incredibilmente elevata di rischio. Per un individuo perfettamente razionale e con infiniti soldi, l’unica cosa rilevante sarebbe la massimizzazione del valore atteso. Tuttavia, la varianza è talmente elevata che non vale semplicemente la pena.
Non serve sottolinearlo: se in futuro questo trend continuerà allora sì, Bitcoin tende alla centralizzazione. Via via, ci si allontanerà dalla decentralizzazione, dal mining tramite laptop, e si arriverà alla completa centralizzazione del processo.
Bitcoin tende alla centralizzazione? Il chip di Intel
Il problema dei mining pool è da anni indicato come un possibile rischio della Proof of Work, dato che sono la soluzione razionale all’enorme volatilità propria del mondo del mining. C’è però un altro fattore da considerare.
Recentemente, Intel ha annnuciato di avere disegnato dei chip dedicati al mining. Questi chip sono specificamente costuriti in modo tale da ottimizzare il mining di Bitcoin, offrendo -secondo la multinazionale- il 15% in più di prestazioni.
La dinamica politica del rilascio di questi chip da parte di Intel è complessa e articolata: i gamer odiano le cryptomonete, che fanno impennare il costo delle componenti di un pc (specialmente le schede grafiche), e questo può essere un tentativo di tenere il piede in due scarpe. Allo stesso modo, il 15% aggiuntivo è dichiarato, e non rappresenta nemmeno un incremento enorme rispetto alla baseline.
Tuttavia, il futuro di questi chip dedicati può essere preoccupante.
Cosa succederebbe se una società riuscisse a disegnare un chip che offre il doppio di prestazioni rispetto a quelli sul mercato? Lo venderebbe ai miner, viene da pensare. E se invece lo usassero loro stessi? Se integrassero il mining, in modo da catturarne il totale del profitto?
In questo caso, le conseguenze sarebbero imprevedibili. Potenzialmente si può immaginare un chip -e quindi una società- capace di generare più della metà dell’hash power di Bitcoin, de facto controllando la blockchain. E capace, quindi, di usarla per i suoi scopi.
Certo, queste sono osservazioni teoriche, come detto; ma lo sviluppo di chip sostanzialmente migliori di quelli sul mercato potrebbe essere la ragione per cui Bitcoin tende alla centralizzazione.
Bonus: i rischi della CeFi
Un ulteriore rischio di centralizzazione è dato dalla CeFi, la Finanza Centralizzata. Ne abbiamo parlato diffusamente su questo blog, e qui c’è una guida alle piattaforme CeFi migliori.
La CeFi raccoglie grandi quantità di token nei suoi wallet. Raccoglie è la parola esatta: diversamente dalla DeFi, il possesso (non la proprietà eh, il possesso) è infatti trasferito a questi siti. Spesso poi li mettono in staking, oppure li depositano in protocolli DeFi, o li danno in prestito.
Al di là dei rischi che qualcosa vada storto (qui la discussione), queste entità possono raccogliere il possesso di grandi quantità di token, con il potenziale di rug pull. Sembra eccessivo? C’è un wallet che contiene il 23% dei Doge in circolazione, e cha pare appartenga al broker Robinhood!
Conclusione
Personalmente, credo che Bitcoin (e parallelamente qualunque altra blockchain basata su Proof of Work) tenda alla centralizzazione. Anche la Proof of Stake rischia di essere centralizzata, per inciso.
Allo stesso tempo, però, credo che Bitcoin e le altre tendano alla centralizzazione in modo relativamente lento. Non è qualcosa di cui penso ci si debba preoccupare nel breve termine. Come il rischio che il quantum computing rompa la crittografia: è bene tenerlo ben presente.