Le prepagate crypto erano una delle grandi promesse dell’ultima bull run crypto, quella del 2017. La promessa era semplice: offrire un cashback in cambio dell’utilizzo della carta. E, dopo molti problemi di legge e di piattaforme, alcuni prodotti sono venuti a galla.
Eppure, nel 2022, se ne parla sempre meno. L’interesse sembra essere scemato, sia dalla parte dell’utente e sia (soprattutto) da parte di chi le offre. Qual è la ragione? Proviamo a capirlo.
Le prepagate crypto: la storia
Nel 2017, due progetti si contendevano la palma per essere i primi a sviluppare la loro crypto-carta: TenX e Crypto.com. In mezzo a molti altri, si intende; ma questi due erano quelli che più sembravano avvicinarsi al successo. Personalmente mi sono interessato a Crypto.com dai tempi in cui si chiamava Monaco, perché l’idea era molto interessante.
Tutti usiamo una carta di debito. L’offerta di Crypto.com era semplice: utilizzate la nostra prepagata crypto per pagare, e vi diamo una certa percentuale di cashback. Il cashback è una percentuale della cifra spesa, che viene rimborsata all’utente -in questo caso, sotto forma di token mintati al momento. Questi token possono poi essere rivenduti, oppure si possono tenere nel wallet.
Le carte che offrono cashback sono abbastanza frequenti negli Stati Uniti, mentre in Italia sono rare: solo alcune American Express, che io sappia, offrono cashback -tendenzialmente cifre piccole (0,5%) e con limiti di vario genere.
Crypto.com e TenX si sono date battaglia per attirare gli utenti, cercando di sviluppare un prodotto che fosse legale (complessità enorme, specialmente nell’Unione Europea). Con in mezzo l’epocale fallimento di WireCard, la società a cui loro (e molti altri) si appoggiavano, che ha portato a ulteriori ritardi e confusione. Crypto.com è riuscita, ed è ora una delle più grandi società crypto al mondo, con sponsorizzazioni miliardarie che vanno dalla Formula 1 a pressoché qualunque altro sport. Di Crypto.com parliamo qui.
Altri si sono affiancati alla corsa: Binance, Swipe (poi comprata da Binance). Seguite poi da varie società del mondo CeFi, come Blockfi, con la promessa di una carta di credito anziché prepagata.
L’interesse diminuisce
E poi, come d’incanto, non se ne parla più.
TenX, avendo fallito nello sviluppo della sua carta, ha completamente cambiato il suo business model. Ha effettuato un rebranding a Mimo Defi, che nient’altro è che una stablecoin collateralizzata sul modello DAI. Swipe sembra essere stato lasciato morire da Binance, che a sua volte non fa gran cenno alla sua carta prepagata (forse anche in virtù dei suoi problemi con i regolatori in vari Paesi). Le società CeFi, per cui la carta sembra essere lo sbocco logico e naturale, continuano a concentrarsi sul loro core business per attrarre più capitali.
L’unica ad avere avuto reale successo è Crypto.com. Ma, guardando al menu sul loro sito, vediamo come la carta sia ormai uno dei tanti prodotti che offrono.
E anche dal loro spot al Superbowl del 2022, su cui avranno speso svariate milionate, non si parla di carte prepagate. Il messaggio è molto più generico, sulla vision che vogliono trasmettere di propensione al futuro.
Prepagate Crypto: perché non c’è più interesse?
La domanda sorge spontanea: perché le prepagate crypto, da essere una delle punte di diamante dell’innovazione e tra i prodotti più promettenti, sono finite nel dimenticatoio? Perché non se ne parla più?
L’interesse fondamentale attorno alle prepagate crypto nel 2017-2020 era semplice: per la prima volta, si creava un ponte tra la valuta fiat e il mondo crypto. Un ponte facile da capire per chiunque, perché il concetto di cashback viene dal mondo “reale”. Avevano il potenziale di essere il punto di partenza di tanti per entrare nel crypto-mondo.
La ragione per cui l’interesse è scemato ha due ragioni: gli utenti e le imprese.
Da un lato, gli utenti sono sempre alla ricerca di nuovi diamanti grezzi, sia come investimento o per curiosità tecnologica. Il mondo DeFi e quello degli NFT hanno preso possesso degli articoli, relegando le prepagate crypto in secondo piano. Chi entra ora nel mondo crypto spesso nemmeno ne sente parlare -cosa che era pressoché impossibile pochi anni fa, dato che erano ovunque.
Dall’altro lato, le società come Crypto.com si sono probabilmente rese conto della scarsa profittabilità del loro business. Le commissioni che ricevono su una transazione media, a seconda del mercato, si aggirano attorno al 2%. Da questa cifra vanno poi scalati i soldi che devono pagare all’emissore della carta di credito, ed eventualmente a Visa/Mastercard. A cui va poi aggiunta una grande quantità di personale adibito alla risoluzione di problemi di varia natura con le carte: furti, blocchi, transazioni illecite o protestate.
In confronto, ad esempio, la vendita di token (diretta o tramite un exchange) pone molti meno problemi, a fronte di commissioni non così tanto più basse. Il mondo degli NFT permette ad esempio una marginalità molto più elevata. In fondo, se emettere carte fosse un business così profittevole, non lo farebbero solo le banche, ma molte altre società ad esempio della grande distribuzione.
Quale futuro?
Personalmente, a me dispiace un po’ che le prepagate crypto abbiano perso trazione. Sono un prodotto semplice da capire, che ha un’utilità effettiva, e che permette di avvicinarsi al mondo crypto in modo “soft”.
D’altro canto, capisco che in questo mercato l’utente si avvicina al mondo crypto con l’intento di investire. Investire in token fortemente inflattivi come quelli delle prepagate crypto non è una prospettiva allettante.
Io rimango convinto che l’utilità nel mondo reale rimanga più importante rispetto alle prospettive di guadagno facile. Resto quindi dell’idea che le prepagate crypto siano una possibilità interessante, e spero che in futuro l’offerta aumenti e migliori.
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