A Settembre 2020, come alcuni di voi si saranno accorti, una cryptomoneta nuova ha raggiunto la top10 per capitalizzazione, Polkadot. Ma cos’è Polkadot? In breve, è una blockchain che permette ad altre blockchain -tradizionalmente isolate- di comunicare tra loro. In questo articolo, cercherò di spiegare meglio cos’è Polkadot.
Chi è Gavin Wood, il creatore di Polkadot
Generalmente inizio questi articoli parlando della tecnologia, ma in questo caso è fondamentale spendere due parole sul creatore di Polkadot, Gavin Wood. Pur essendo sconosciuto al grande pubblico, Wood è cofondatore di Ethereum e creatore di Solidity, il linguaggio derivato da Javascript sul quale sono costruite la maggior parte delle dApp dell’universo Ethereum.
In breve, Polkadot nasce dalla mente di un uomo che ha contribuito a creare il mondo blockchain come lo conosciamo, e anche solo per questo vale la pena informarsi.
Cos’è Polkadot: Le caratteristiche fondamentali
Come detto, Polkadot è un progetto che ambisce a mettere in comunicazione le varie altre blockchain. Esempio semplice: se io voglio pagare una persona in Ethereum e ho Bitcoin, è impossibile: uno dei due deve convertire la cryptomoneta. Per quanto questo possa sembrare un problema di poco conto, ci sono esempi peggiori: se la mia azienda ha una blockchain per gestire la logistica e vuole allacciarsi con un’altra blockchain esterna -per esempio quella del mio fornitore per comunicargli in diretta che cosa ho in magazzino-, è fondamentalmente impossibile.
Ecco cos’è Polkadot: una sovrastruttura che permette a questi mondi separati di comunicare tra loro. Ma qual è l’architettura fondamentale del progetto? Vi riassumo dal loro lightpaper, che può essere visualizzato (in inglese) in questa pagina.
- Relay chain: la blockchain fondamentale, rappresentata dal token DOT, su cui possono essere installate le altre blockchain
- Parachains: sono le altre blockchain, che possono fondamentalmente pagare per ottenere uno slot su Polkadot
- Bridges (ponti): come Polkadot può comunicare con altre blockchain.
Ma come funziona quindi Polkadot? Nel nostro articolo su Metamask, abbiamo introdotto il concetto di WETH, wrapped Ethereum; per quanto ancora non abbia trovato conferma del processo tecnico di Polkadot, credo che sia una cosa molto simile. Una blockchain ospitata su Polkadot “wrappa” i suoi token, potendoli utilizzare su Polkadot; tutti questi token quindi hanno uno standard compatibile tra loro, e questo permette interoperabilità all’interno della catena. Pensate anche ai vantaggi in termini di prestazioni: è potenzialmente possibile per BTC trasferire una parte delle sue transazioni su Polkadot, alleggerendo la rete principale e quindi incrementando le transazioni per secondo possibile (un processo noto come sharding).
C’è poi un passaggio particolarmente interessante nel lightpaper, quello sui “forkless update”, aggiornamenti senza fork. Sappiamo che per poter aggiornare una blockchain è necessaria una fork; nella maggior parte dei casi una soft fork, mentre in quelli più gravi una hard fork. Fondamentalmente, si copia e incolla la blockchain e si lascia morire la vecchia. Questo processo, oltre a prestarsi ad ambiguità (esempio la nascita di Ethereum da Ethereum Classic, con entrambe le piattaforme rimaste in vita), è complesso e poco flessibile. Il lightpaper dice che sarà possibile sulla loro piattaforma effettuare update senza fork.
Cosa significa questo praticamente? A mio parere, Polkadot vuole proporsi come standard alternativo a ERC-20 per i nuovi token, attirandoli con la maggior flessibilità e scalabilità; ma, in qualche modo, forse anche per i token attuali. Perchè un token come EOS non dovrebbe comprare il proprio slot su Polkadot e “lasciar morire” la controparte ERC-20?
Supporto a Ethereum?
Immediatamente, sono sicuro, in molti avremo pensato la stessa cosa: questo progetto sembra nato apposta per offrire supporto a Ethereum, risolvendo il problema ormai annoso delle elevatissime commissioni che vanno pagate sul suo network. Se Ethereum prendesse in affitto qualche slot su Polkadot, il problema sarebbe fondamentalmente risolto, no?
La cosa interessante è che Polkadot non è nemmeno l’unico progetto che sembra strizzare l’occhio ad Ethereum. Polygon (precedentemente noto come MATIC) ha la stessa idea. Questa blockchain, che a sua volta ha lo scopo di unire blockchain differenti e permettere loro di parlarsi, è nata specificamente come supporto (sidechain) di Ethereum. Insomma: forse le commissioni infinite di Ethereum ci portano dei nuovi progetti interessanti!
Cos’è DOT, il token di Polkadot
Il token DOT è però sicuramente la ragione della curiosità del mondo crypto verso questo progetto. A cosa serve?
- Governance: chi possiede DOT può prendere decisioni sulla piattaforma, come aggiornamenti e correzione di errori
- Staking: Polkadot funziona con Proof-of-Stake, ovvero chi possiede token è in grado di operare un nodo -e più praticamente, chi possiede il token riceve una certa remunerazione.
- Bonding: il token DOT è usato per permettere a una blockchain di aggiungere la propria parachain, probabilmente -stando al whitepaper- affittando uno slot.
In pratica, ad oggi per l’utente medio il token DOT non ha valore, al di là della possibile crescita di valore e delle future ricompense da staking. Polkadot è un progetto assolutamente business-to-business: l’utente medio non lo vedrà, non lo conoscerà, ma ne trarrà vantaggio.
Il token DOT è già disponibile sia su Binance sia su Kucoin, e sulla maggior parte degli altri exchange.
Un esempio di Polkadot: Bondly
Iniziano ad esistere alcuni esempi di applicazione pratica di Polkadot, ovvero del tentativo di collegare blockchain diverse. Uno dei più intriganti è forse Bondly. Bondly è un exchange decentralizzato che vuole offrire la possibilità di scambiare token appartenenti a diverse blockchain. Ne parliamo più nel dettaglio qui.
Conclusione: cos’è Polkadot
Cos’è Polkadot? Polkadot è un progetto estremamente interessante, anche solo perchè il suo creatore è uno dei nomi più noti nel mondo blockchain. Il suo scopo è creare una superblockchain in grado di ospitare le altre, e in questo modo permettere interoperabilità e scalabilità. Questo può creare un nuovo standard, in grado di competere con ERC-20 per attirare nuovi e vecchi token -e la competizione nel mondo blockchain è benvenuta, perchè significa migliore qualità e varetà di soluzioni.
Sicuramente ha un certo grado di centralizzazione, che potrebbe fare storcere il naso a qualcuno. Ma ci sono diversi progetti centralizzati che hanno comunque una certa attrattività per gli investitori. Un esempio? VeChain.
Sei interessato a un progetto simile? Ti lascio il mio articolo su Chainlink e quello su Cardano.
Disclaimer: il contenuto dell’articolo è un’opinione, e ha unicamente fini informativi. Non intende fornire consulenzia finanziaria di alcun tipo. Consulta un professionista certificato per ottenere consulenza finanziaria.
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